domenica 23 novembre 2008

Il libro bianco: Cap.4 – Il Viaggio – seconda parte

Era la mattina presto ed eravamo già pronti per partire. Susy aveva preparato delle scorte di cibo e acqua per almeno un paio di settimane. Non sapevamo quanto tempo avremmo dovuto viaggiare. Dovevamo seguire quella voce che sentivamo nel vento. Proveniva da Nord. Sulla porta di casa ci venne in mente che dovevamo in qualche modo assicurarci che anche i nostri gatti avessero da mangiare per il tempo che eravamo in viaggio. "Susy cosa facciamo con i gatti?", le chiesi, il viso di Susy in quel momento divento preoccupato, e disse, "Sai in questi giorni non li ho visti molto, a dire la verità l'ultima volta che li ho incontrati era nel nostro sogno". Era vero, ora che ci stavo pensando erano nel altro mondo, dove tutto era ancora come prima. " Hai ragione, dissi, forse loro hanno potuto tornare dopo averci dato un po' di conforto e speranza in quei momenti di confusione". Cercammo per un po', tanto per essere sicuri che cosi fosse, e dopo mezz'ora decidemmo di partire lasciando comunque le ciotole piene.

Vedevamo davanti a noi avvicinarsi la fine della bolla che ci separava dal mondo esterno e cominciavamo già a sentire il freddo che era là fuori. Ma noi avevamo la stella. Al di fuori il mondo cambiava in fretta, la natura, pur con fatica, si stava riprendendo ciò che le era stato tolto. Le strade erano quasi del tutto invase dalle radici e l'erbaccia, le case non c'erano più, o almeno stavano piano, piano scomparendo. La vegetazione però non era per come eravamo abituati a vederla, aveva un colore verde grigio e nemmeno la forma degli alberi era più quella che conoscevamo. Erano tutti storti, con delle forme strane, e le radici spuntavano più fuori che dentro nella terra. Sembravano dei tentacoli che volevano avvolgere tutto. Andavamo verso Nord in silenzio. Come se avessimo paura che qualcuno ci potesse sentire. Ovunque c'era nebbia. Ma più che nebbia erano dei banchi che si spostavano trasportati del vento. Erano come quelli che cercavano di avvolgermi davanti al supermercato, ma questa volta Susy aveva con se la stella e i banchi stavano alla larga. Pur essendo la mattina presto, di luce c'è n'era poca.

Susy non era una grande camminatrice, ma ora sembrava l'incontrario, era davanti a me di quasi dieci metri e io dovevo stare al suo passo per non perderla. La vegetazione si faceva sempre più fitta e a volte sembrava impossibile proseguire. Mi stava venendo la rabbia e odio di tutta questa situazione. Perche noi? Perche io e non qualcun altro? Volevo tornare indietro, alla mia vita di prima, con le mie cose di prima. Dentro di me c'era voglia di scappare, ma non potevo lasciare qui Susy sola, in mezzo a questa foresta. C'eravamo addentrati da più di un ora in quello che sembrava una foresta fitta. Pur conoscendo la zona non riuscivo a riconoscere il posto, era tutto diverso ed in più il la luce scompariva sempre più. I pensieri cattivi invadevano la mia mente, cominciavo ad avere dubbi su quello che stavamo facendo. Seguivamo le indicazioni di qualcuno che non riuscivamo a vedere, qualcuno che forse si prendeva gioco di noi. Ma non potevo lasciare Susy da sola. Lei sembrava cosi decisa nel compiere questo viaggio. Il terreno cominciava a salire e diventava sempre più roccioso. Pensavo alla frase comparsa sul libro bianco, " siete tutti delle pietre grezze". Qui intorno c'erano tantissime di pietre, li vedevo come dei uomini che hanno lasciato il loro cammino a metà. Avrei voluto essere una di queste pietre, almeno non avrei più sentito ne fatica ne freddo, mi sarei lasciato cadere li in mezzo a tutti gli altri a seguire il corso della vita per come veniva. Perche avrei dovuto costruire qualcosa, per chi? La tentazione era forte, ed il zaino che portavo sempre più pesante. Susy invece sembrava leggera come l'aria, come se non sentisse ne freddo ne stanchezza, lei che anche d'estate dormiva con i calzettoni.

Quello era forse il mio ultimo pensiero prima di cadere. Avevo sentito il terreno che cedeva sotto i miei piedi, poi più nulla. Apri gli occhi solo quando era notte, avevo ferite ovunque a causa della mia caduta. Cercavo con lo sguardo Susy, ma non la vedevo. Un senso di paura mi pervase tutto il corpo. Cominciai a chiamare gridando il suo nome per ore in vano. Non ebbi nessuna risposta. Era strano che lei fosse proseguita senza di me, e se le fosse successo qualcosa? Se fosse caduta anche lei cercando di soccorrere me? Dovevo cercarla, ma la torcia che avevo con me si era rotta con la caduta. Sentivo molto freddo e le ombre che mi passavano vicine erano come delle lame taglienti di angoscia, ansia e paura. Dovevo cercare un riparo. A tentoni mi arrampicavo verso non so dove, sentivo le pietre fredde e taglienti sulle mie mani e su tutto il mio corpo. Nel buio vidi qualcosa di ancora più scuro, sembrava l'entrata di una grotta. Mi sentivo in salvo. Si era proprio una grotta. Entrai dentro e con un fiammifero feci un po' di luce, conoscevo questa grotta, era chiamata la grotta del Eremita, solo che ora sembrava più profonda. Il freddo era meno intenso all'interno e cosi decisi di passare la notte qui. Avrei cercato Susy con le luci del mattino. Avevo dormito poco e male quella notte. Ho sognato Susy che mi aspettava in un posto che non avevo mai visto prima, in riva ad un lago che non conoscevo, in un posto dove la natura era per come la conoscevo e la luce del sole splendeva e scaldava ogni cellula del mio corpo. Apri gli occhi nella speranza di vedere un po' di luce e ritrovai solo buio. Nulla era cambiato. Doveva essere già mattina, ma l'unica luce che vedevo era quella dei miei fiammiferi, che da li a poco sarebbero finiti. Ebbi una sorpresa quando spensi il fiammifero, una piccola luce c'era ma non proveniva da fuori ben si dalla profondità della grotta. Non era forte però almeno riuscivo a vedere verso dove portava. Forse era Susy che cercava me? Ho cominciato a gridare il suo nome per quanto potevo andando verso la luce. Man mano che andavo avanti sembrava che la luce si allontanasse sempre di più. Mi fermai per un attimo e mi accorsi che avevo lasciato il mio zaino al entrata della grotta. Era poco male lo avrei ripreso dopo, al mio ritorno. Decisi di seguire il sentiero che portava sempre più in basso, verso la luce. Ora faceva più freddo, la corrente d'aria era sempre più forte, tanto e che facevo fatica anche a camminare. Ero stanco ma dovevo andare avanti, non potevo fermarmi. Dovevo seguire quella piccola luce che vedevo in lontananza, perché forse alla fine avrei trovato Susy. Questa solitudine mi faceva paura.

"Come quando ero in carcere. Pur essendo i carceri super affollati mi ero sempre sentito solo li dentro. Forse perché la solitudine in qualche modo mi obbligava a guardarmi dentro. Li ho potuto, anzi ho dovuto spogliarmi di tutto ciò che ero in precedenza. Dimenticare il mio orgoglio, il mio ego, il desiderio di vendetta, la rabbia, l'odio………………….di tutto ciò che offuscava la mia vera natura. Anche li avevo tanta paura, senza sapere di cosa, ma ne avevo veramente tanta. Le mie giornate erano una continua ansia e angoscia. Mi ricordo aspettavo con ansia che mi trasferissero in Svizzera, perché solo li che potevo avere dei chiarimenti e finalmente andare a casa. Il giorno era arrivato. Una mattina la guardia di turno era venuta a dirmi che dovevo preparare tutte le mie cose perché , finalmente, mi trasferivano in Svizzera. Ho fatto tutto molto in fretta mettendo tutte le mie cose in un sacco della spazzatura e poi via verso il furgone che mi avrebbe portato a casa. Una volta nel furgone mi avevano messo le manette, quelle che ti legano le mani e poi anche i piedi. Mi era tornato il ricordo del mio trasferimento da La Spezia a Como. Avevo passato tutto il viaggio chiuso e ammanettato in una gabbia 50x50cm al'interno del furgone. Quasi cinque ore di viaggio senza mai uscire, senza ne acqua ne cibo. Ma adesso il viaggio sarebbe durato al massimo un ora, non di più.

Pensavo che il peggio fosse finito. Ero in Svizzera da solo un ora e mi trovavo già in una cella della questura, picchiato e maltrattato per non aver detto quello che loro volevano, perché loro non volevano la verità. Ero da solo in cella, una cella senza finestre. Camminavo giorno e notte avanti e indietro per tenermi occupato e per non aver paura. Ogni singolo rumore mi faceva trasalire di paura,paura che fossero venuti a picchiarmi di nuovo. Il giorno stesso avevo raccontato tutto al pubblico ministero, che gli agenti che hanno preso la mia deposizione me avevano messo le mani addosso. Mi aveva detto che avrebbe fatto delle indagini su questi due agenti, ed e per questo che avevo paura, paura di una vendetta. Erano dieci giorni da incubo. I tre mesi passati in carcere ad aspettare questo momento erano niente in confronto ai dieci giorni passati in questa cella senza finestre in Svizzera."

Ora mi rendevo conto di che cosa mi aveva tenuto in vita per tutti quei giorni, La Fede. La fede in me e che oltre a tutto quello c'era qualcosa di più grande. Alla quale non potevo arrivare per com'ero. Ecco perché ero caduto prima, pensai, avevo perso fiducia. Pensavo che dimenticando ciò che ero tutto sarebbe andato bene, ma cosi non era. Il peso era rimasto, pesava come piombo questa volta.

E questo piombo aveva bisogno di essere purificato, questa pietra aveva bisogno di essere sgrossata. Mentre pensavo non mi ero accorto che ero entrato in una specie di pozza d'acqua. Avevo freddo ed ero stanco, e le ferite facevano sempre più male. Malgrado tutto avevo ancora la forza per continuare, dovevo raggiungere quella luce. Più pensavo a lei, più mi sentivo leggero e forte. Cercavo di avere le idee chiare, di togliere ogni risentimento, odio e rabbia che avevo dentro. Quelle cose non dovevano decidere per me, se no tanto valeva fermarmi. L'aria ed il vento in quel momento si fermarono ed anche l'acqua del pozzo non c'era più. Mi trovavo in una specie di allargamento della grotta, come una stanza. Mi ricordai della voce che sentivo nel vento, ma anche quella era sparita. Avevo i vestiti bagnati e mezzi rotti. Avrei voluto avere solo un fuoco dove scaldarmi e asciugarmi, in quel'momento. Decisi di riposarmi un po' e magari anche dormire. Non avevo finito nemmeno finire il mio pensiero che ero già nel mondo dei sogni. Quella notte avevo sognato il fuoco, ma non un fuoco qualsiasi, era un fuoco purificatore. Ero come in una battaglia: combattevo con delle cose che cercavano di portarmi sempre più vicino al fuoco. Mi attraversavano, ed ogni volta era come se mi strappassero dei pezzi di me che poi bruciavano nel fuoco. Era una battaglia durissima, ma più andava avanti più mi sentivo leggero, era tutto cosi strano. Alla fine mi arresi e vidi una grande luce attraversare il mio corpo e portare via con se una massa scura e informe che gettò nel fuoco. Nel sonno cominciai a sentire anche il calore che questo fuoco emanava. Prima che il sogno finisse l'ultima cosa che vidi era la luce che tornava verso di me. Aprì gli occhi e non potevo credere a ciò che vedevo, davanti a me c'era un vero fuoco acceso. Mi stavo chiedendo quanto di quello che avevo sognato era vero. In fondo alla stanza c'era anche un 'apertura dalla quale vedevo la luce del giorno. Andai verso di essa. Fuori era giorno ma il sole non era ancora visibile. In lontananza vedevo il punto nel quale sarebbe uscito. Ho deciso di sedermi e aspettare la sua comparsa. Davanti a me c'era un laghetto con acqua cristallina e ovunque un po' di nebbia mattutina. Ed eccolo li, il sole, stava venendo fuori propagando la sua luce ovunque, era lo spettacolo più bello che io abbia mai visto. Cercavo di trattenere il mio sguardo il più possibile ma la luce era accecante. In quel momento sentì una mano abbracciarmi e una voce familiare dirmi: bello vero. Era Susy, stava sorridendo come se sapesse cosa mi era successo e che ora era tutto finito. Ci abbracciamo forte piangendo tutte due di felicità e di gioia. Si era tutto finito.

Nel fra tempo nel libro bianco si stava componendo un'altra frase, che noi non avevamo ancora visto;

" Tre viaggi per conoscere e per purificare, cinque viaggi per esistere, intuire, capire, agire e essere per servire"

domenica 9 novembre 2008

Il libro bianco: Cap.4 – Il Viaggio – prima parte

Era difficile pensare che il nuovo mondo si presentava a noi in questo modo. Il cielo, al di fuori del raggio della stella, era quasi nero, la temperatura sembrava scesa di almeno 10° gradi, faceva molto freddo la fuori. Gli alberi erano in condizioni pietose e gli animali assumevano sempre più le sembianze dei spettri. Noi ci sentivamo al sicuro dentro la nostra "bolla di sapone", ma non potevamo rimanere al' interno per sempre. Era il primo giorno ed era già passato. Susy aveva preparato la cena e senza tanti discorsi andammo a dormire. Quella notte, però ci saremmo incontrati come la sera prima, nel nostro "sogno". Eravamo tutte e due davanti alla porta di casa nostra. Tutto sembrava normale, ma presto ci accorgemmo che non potevamo interagire con le cose di questo mondo. Entrammo in casa passando attraverso la porta come se fosse fatta di aria. Dentro era proprio casa nostra, c'erano i gatti che giravano tranquilli, sul tavolo le solite cose che lasciavamo sempre…………..ma poi Susy vide una cosa nuova, era Il Libro Bianco. Provò a prenderlo e stranamente ci riuscì. " È uguale al nostro, disse, con la differenza che non è vuoto, sembra una specie di racconto". Susy stava leggendo il libro e l'espressione del suo viso cambiava man mano che girava le pagine. "Cosa c'è, le chiesi, sembra che tu abbia visto un fantasma dentro il libro". " No, non è un fantasma ma sembra come un racconto di quello che stiamo vivendo noi, e la cosa strana è che il racconto arriva solo fino a questo momento, finisce con le mie ultime parole di poco fa". Non ci potevo credere, anzi ero confuso, la mia mente cercava una ragione di tutto questo ma era tutto invano. Ero immerso nei miei pensieri quando sentimmo girare una chiave e la porta aprirsi. Eravamo come congelati, chi era che aveva la chiave di casa nostra? In un attimo ho pensato di vedere noi stessi ma poi vidi la mamma di Susy seguita dal suo cane, Mia. Cristina, la mamma di Susy, abitava non lontano da casa nostra e ogni tanto veniva a trovarci, ma ora sembrava che anche lei cercava qualcosa in casa nostra, cercava noi. "Susy, Paul", in tanto guardava nelle stanze. Poi tornò in sala e si mise a cercare un foglio di carta. In tanto io e Susy cercavamo di attirare la sua attenzione gridando il suo nome, ma era tutto inutile, era come chiamare il vento. Solo la Mia sembrava percepire la nostra presenza, ci guardava ma sembrava che anche lei non capiva. C'era solo un attimo in cui Cristina si era voltata verso di noi, come se anche lei avesse percepito qualcosa.

Il papà e la mamma di Susy erano separati da anni ma erano rimasti ottimi amici. Lei era naturopata di professione e il suo papà un ex ingegnere che da anni faceva scultore.

Cristina aveva preso un foglietto di carta e cominciò a scrivere:

"Cari Paul e Susy sono passata da voi a vedere perché non mi rispondevate al telefono. È da ieri sera che provo a chiamarvi, visto che dovevate venire a cena da me. I vostri cellulari vedo ora che sono qui a casa vostra, spero non sia successo niente di grave, appena vedete questo biglietto, per favore chiamatemi. Susy, Ieri mattina quando sei venuta, hai lasciato la tua borsa a casa mia. Do io la papa ai gatti perche mi sembrano affamati. Ciao, Mamma Cristina .

Era solita firmarsi così, ma non capivamo una cosa: se noi avevamo passato 31 giorni come mai qui mancavamo solo da 1 giorno? Cristina nel frattempo stava per andare via e noi non potevamo fare nulla per dirle che eravamo li davanti a lei.

" Quando ero in carcere i genitori di Susy ci avevano aiutato molto. In ogni modo. Ma non solo loro, c'erano tantissime persone che ci stavano vicine, ogni uno a modo suo. Dopo una settimana nel carcere ho fatto conoscenza con il prete che dava messa una volta alla settimana a tutti i carcerati. Gli avevo raccontato in grandi linee cosa mi era successo e che non ho ancora avuto alcun contato ne con un avvocato ne con i miei cari, Susy in particolare. Lei, ho saputo solo dopo, aveva saputo dove ero e quando sono stato trasferito in un modo a dir poco geniale. Aveva telefonato ovunque per avere informazioni. Alla fine era capitata al posto giusto, dove avevano le mie pratiche. Non so di che ministero si trattasse ma la prima risposta che ha avuto e stata " non possiamo dirle nulla, sono cose riservate, e poi lei non è nemmeno sua moglie", all' epoca non eravamo ancora sposati. Ma dopo aver raccontato la nostra storia e quello che mi/ci aveva capitato la signorina dal'altra parte ha fatto una cosa meravigliosa: tenendo la cornetta del telefono vicino ha domandato alla sua collega, " ne che non possiamo dire che signor Glasgow è stato trasferito a Como", no signora non possiamo dire nulla del caso in questione, arrivederci e grazie. Geniale, ma non era un caso isolato ovunque la gente ci dava una mano in ogni modo. Il prete in tanto prese il numero di telefono di casa nostra che gli avevo dato dicendomi che lui non poteva fare molto. Dopo un paio di giorni era venuta una guardia dicendomi che c'era l'avvocato per me. Mi preparai subito e scesi con la guardia verso i locali dove si poteva incontrare il proprio legale. Mi sentivo un po' sollevato poter vedere qualcuno che potesse spiegarmi cosa succedeva e cosa dovevo fare. Quando entrai nella stanza ebbi una sorpresa, era il prete che mi sorrideva. Teneva in mano una borsa che Susy mi aveva preparato. Solo al pensiero che lui avesse incontrato Susy mi misi a piangere come un bambino. Mi disse che le aveva telefonato e che poi si erano incontrati nella sua chiesa e che hanno parlato a lungo. Mi disse di non preoccuparmi perché non ero solo. Susy mi aveva versato anche dei soldi con i quali potevo comperare le cose di prima necessità: rasoio, dentifricio, sapone, acqua perché quella del carcere era pericolosa, tanti avevano preso delle malattie. Il prete aveva rischiato molto, e credo che non eroi l'unico per cui si dava da fare. In seguito, dopo un anno che ero a casa, ho provato a chiamarlo e mi avevano detto che era stato trasferito. Assistevo regolarmente alle sue messe in carcere, e quello che ho visto era meraviglioso. Alle sue messe c'erano persone di ogni religione ed ogni uno pregava a modo suo senza dare importanza al fatto che era una messa cattolica. Eravamo tutti uguali di fronte a Dio e questo era un ottimo esempio, se pensiamo che al di fuori del carcere la gente era disposta anche a uccidere chi era di un 'altra religione. Ma li dentro ogni cosa, anche la più piccola, diventava la più importante. Mi ricordo che un giorno vidi una libellula e mi venne in mente che a casa spesso li guardavamo volare sopra la nostra piscina, ogni volta sembrava che volevano dare uno show solo per noi. Quel anno l'estate era molto calda, si arrivava fino 40°gradi ed era strano vedere una libellula, anche perché nelle vicinanze non c'era acqua. Anzi a volte l'acqua mancava proprio, tanto che per giorni non ci potevamo lavare, e per far funzionare i bagni usavamo delle bottiglie riempite precedentemente. Una sera avevo assistito ad una cosa bellissima, una grande festa. Mi sembrava tornato indietro nel tempo quella sera. Eravamo al terzo piano, sotto il tetto del carcere, e di conseguenza faceva molto caldo, l'aria era irrespirabile di quanto era calda e non c'era un filo di vento. Era da quasi un mese che aspettavamo la pioggia.

Una sera, in lontananza, cominciavano ad accumularsi delle nuvole più tosto scure e cominciavamo a sentire un po' di aria fresca. Dopo solo 10 minuti pioveva cosi forte che l'acqua entrava dalle finestre, nessuno aveva nemmeno pensato di chiuderle, anzi eravamo tutti davanti a goderci la pioggia. C'era gente che cantava dalla gioia, altri che gridavano, ma una cosa ci collegava tutti eravamo felici, per della "semplice" pioggia. Vivendo, per la maggior parte della gente e anche per me, ogni cosa era diventata normale, dovuta. Il sole che si alza ogni mattina, l'acqua che esce dai rubinetti, la natura che ci circonda, il partner che ci ama perché siamo sposati………….ect. Ma tutto ciò ora era cambiato, io stavo cambiando.


Cristina se ne era già andata e nello steso momento, io e Susy, ci trovammo faccia a faccia nel nostro letto. Eravamo svegli ed era già mattina. "Mi sembra di cominciare a capire, disse Susy, mi sa che tutti sono stati portati in un altro mondo, parallelo a questo o qualcosa del genere. E per di più sembra che trenta giorni qui corrispondono a un giorno di la". Susy sembrava convinta di quello che diceva, ed io ero più o meno d'accodo con lei, se non fosse per il mio dubbio di chi sia stato portato in un'altra realtà, noi o gli altri?.

" Ma Il Libro Bianco, quello sul tavolo a casa nostra, come e che raccontava i nostri trenta giorni qui", chiesi ad alta voce. "Forse siamo noi a scriverlo in qualche modo, visto che ora tutto è possibile, perché non potrebbe essere cosi?", disse Susy. Perché no, in fondo le cose che erano successe qui erano ben più strane.

Ci alzammo per il nostro solito caffè, ma già riuscivamo a percepire una certa tensione nel'aria, e non solo. Mi sembrava di sentire una specie di voce, come se qualcuno parlava attraverso il vento. Susy mi guardò e avevo capito subito che anche lei sentiva la stessa cosa. "Altre novità", le dissi, " ci mancava solo questa". "Aspetta, disse lei, voglio capire di cosa si tratta". Aguzzammo le orecchie, a parte la voce misteriosa, c'era un silenzio spettrale. Susy era uscita in giardino ed io andai a preparare del caffè. " Susy, è pronto vieni, la chiamai, tanto abbiamo tutto il giorno per scoprire di cosa si tratta". Entrò dentro e con se aveva un foglietto di carta, ovviamente ha scritto quello che è riuscita a capire. Non le chiesi nulla, anche perché ogni volta poi succedeva qualcosa. Ero come stufo di questa cosa, volevo che finisse tutto, volevo tornare indietro, volevo la vita di prima. Diventava sempre più difficile pensare a tutto quello che ci succedeva. " Per quello che sono riuscita a capire secondo me il messaggio è questo:

"seguite il vento, seguite la voce la dove fa freddo ed il buio e padrone, superate gli ostacoli non distruggeteli, vi saranno utili, rettificate, vi sarà rivelato il principio ed il fine ultimo della vita".

" Ecco, disse Susy, penso che sia tutto. Si ripete sempre la stessa cosa, ora bisogna vedere se ciò che penso io e giusto". " Cosa pensi che sia, chiesi, perché a me sembra un po' senza senso tutto questo". "Secondo me dovremmo andare a cercare qualcosa che ci aiuta a comprendere, non so ancora cosa, ma che ci aiuta a capire perché il mondo si è diviso e cosa dovremmo fare noi, perché se siamo rimasti solo noi due qui ci deve essere una ragione". Susy cercava di essere chiara per farmi capire ma era sempre più difficile. D'istinto presi il libro in cerca della solita frase di conferma alle nostre affermazioni e supposizioni, La verità e sulla bocca di tutti, ma questa volta non c'era. In cambio era apparso qualcosa di nuovo, un disegno. Il disegno rappresentava una pietra, una pietra normale, qualsiasi, e sotto il disegno c'era una frase:

"Questo siete voi, questo sono tutti, questo siete diventati, pietre grezze, nulla si può costruire con esse, nulla che duri nel tempo. Sgrossate affinché attraverso l'uno tutti trovino il proprio specchio. Il viaggio sarà lungo e difficile ma abbiate fede in quello che custodite."

"Bene, dissi, allora dobbiamo partire per quanto ho capito"? "Si, mi rispose Susy, e dobbiamo farlo in fretta, non so se la voce sarà permanente. Non vorrei che svanisse nel nulla". " Ma io già adesso non sento più nulla", le dissi, ovviamente dentro di me c'era qualcosa che si opponeva al fatto di uscire dalla bolla di sapone, e poi andare a cercare qualcosa, che cosa? Si stava cosi bene dentro, avevamo tutto perché dovevamo preoccuparci del resto. Ma Susy non era d'accordo e cominciava già a preparare la lista di cose da portare con noi. Io presi la piccola stella e andai a cercare tra quello che era rimasto dei supermercati. Cercavo una tenda e altri articoli da campeggio, non sapevamo ne quanto tempo ne quanto lontano saremmo dovuti andare. A nessuno dei due piaceva il campeggio ma non avevamo altra scelta. Da quello che vedevo non era rimasto più nulla delle costruzioni che c'erano, solo alcuni negozi, dove avevamo lasciato la stella, si reggevano ancora in piedi, ma presto anche quelli sarebbero scomparsi. Eravamo fortunati, trovai ancora intatto l'interno del supermercato. Presi tutto il necessario e mi incamminai verso casa con una certa fretta. Al di fuori del cerchio della stella che avevamo costruito l'ambiente era freddo, incolore, si percepiva una certa tensione, una specie di paura che ora sentivo molto forte. Ad un tratto qualcosa mi passo vicino, sembrava un ombra, ora di nuovo, cominciavo a sentirmi debole tanto e che ho dovuto sforzarmi per non cadere. Cercai, nella tasca, la stella, avrebbe dovuto creare un campo di protezione, ma non c'era. La mia mente cercava di ricordare dove avrei potuto lasciarla, il supermercato! L'ombra si stava avvicinando di nuovo, lasciai cadere tutto per terra e corsi verso l'entrata più forte che potevo. Ho cominciato a cercare tra gli scaffali delle tende, tra le lampade a gas, ma non c'era. Poi vidi una piccola luce che splendeva in mezzo alle coperte, si era li che l'avevo lasciata, l'avevo appoggiata per poter piegare alcune coperte che ci potevano servire. Corsi verso gli scaffali e quando la presi in mano era come se la paura ed il freddo che sentivo fossero scomparsi. Mi sentivo sollevato. Ripresi le cose che avevo lasciato cadere e con passo veloce mi diressi verso casa. Raccontai tutto a Susy e lei decise che forse era meglio fare qualcosa per non perdere più la stella. Prese una catenella e si mise la stella al collo, come una collana. "Cosi forse non rischiamo di lasciarla in giro o perderla", disse soddisfatta. Lei aveva già preparato il cibo e qualche medicina da portare con noi, mancavano solo le cose che avevo portato io. Verso sera avevamo tutto pronto, non ci rimaneva che partire. Uscimmo fuori e ciò che ci si presentava davanti non era consolante. La situazione fuori stava peggiorando, gli alberi stavano morendo e degli animali nessuna traccia. Tutto intorno soffriva e chiedeva aiuto, ora lo sentivamo dentro di noi. Le ombre erano sempre più visibili e sembrava che ogni tanto tentassero di penetrare la bolla di sapone che c'era intorno a noi, erano sempre più violente. Dovevamo partire al più presto, ma non ora, non di notte. Saremmo partiti la mattina dopo con le prime luci del'alba, o quello che ne era rimasto.

domenica 2 novembre 2008

Il libro bianco: Cap.3 – Quinta parte

Io non avevo mai creduto in Dio, anche perche mi era difficile credere in qualcosa che non riuscivo a vedere o toccare. Nel passato credevo solo nei miei sensi fisici, la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto e l'ascolto. Le percezioni extra sensoriali erano una cosa alla quale non davo molta importanza. Con il tempo e l'esperienza però non potevo fare a meno di accettare il fatto che affinando i nostri sensi fisici ne possiamo scoprire degli altri, che sono forse una specie di emanazione sottile di quest'ultime. Il sentire a un livello più intimo, personale, sentir parlare la nostra anima. La mia anima mi aveva parlato anche prima, anzi a volte urlava ma io ero sordo alle sue parole. Sordo perche occupato da altre cose, cose materiali alle quali davo troppa importanza, cose che credevo fossero tutto nella vita. Ed era proprio la vita che un giorno mi ha fermato e ha detto basta, il giorno in cui sono stato arrestato. È proprio vero che l'uomo, nella maggior parte dei casi, ha bisogno di sbattere la testa per cominciare a vivere la vita per quello che è, e non per quello che si crede che sia. Sentire la vita per me è avere fede. Poter vedere la bellezza del mondo che mi circonda, poterlo toccare, odorare i profumi che ci dona, ascoltare il suo canto e gustarlo ogni giorno, per me è la fede. Questo è Dio, perche lui è in ogni cosa.

Per questo ho smesso da tanto tempo a dare colpe ad altri per come vivo la mia vita, e per questo ora cerco di non dividere le cose una dal altra ma vederle come una cosa sola. Per troppo tempo ho pensato che il mondo fosse diviso in bianco e nero, brutto e bello, buono e cattivo … ect. Ma se ci si pensa un po' siamo stati noi, uomini, a dividere il mondo e le cose. Per questo ora cerco di trovare l'unità in tutto: negli uomini, nelle cose, nel mondo, e soprattutto in me.

Oramai mancavano 22 giorni alla scomparsa del mondo per come era. Almeno cosi pensavamo. Ero un po' preoccupato al pensiero che tutto sarebbe scomparso, come avremmo fatto a sopravvivere? Avremmo dovuto arrangiarci inventando le cose, costruendole, ed il cibo avremmo dovuto coltivarlo noi. Erano anni che non facevamo più l'orto, visto che l'aria e l'acqua erano inquinati, e poi costava meno comperarlo che coltivarlo. Questo mi fecce ricordare quando ero in carcere, la ho visto come la gente si arrangiava per cuocere il cibo che comperava.

Dopo sette giorni al carcere di La Spezia ero stato trasferito a Como. Questo mi rallegrava perche ero più vicino a casa. Avrei potuto, forse, sapere qualcosa in più sul perche mi trovavo in carcere. Era un carcere molto affollato. In cella eravamo in 4, quando a malapena ci si stava comodi in due. Non avevo niente con me, ne sigarette ne soldi. Mi sentivo perso. Ma sono bastati solo cinque minuti e la voce che è arrivato uno nuovo si era già sparsa. Subito era arrivata gente che mi chiedeva del perche ero li e da dove venivo. Dopo aver raccontato un po' la mia storia e successa una cosa che non mi aspettavo: ex avvocati, incarcerati, che si mettevano a scrivere delle richieste a nome mio per avere dei chiarimenti, due pacchetti di sigarette che sono arrivati da non so dove e una tazza di caffè buonissimo. Una solidarietà che non pensavo ci potesse essere in un luogo dove tutti erano bisognosi e in difficoltà. Il cibo era qualcosa di veramente non commestibile, anche perche non si poteva dare un nome al contenuto. Tanti facevano la spesa una volta alla settimana e poi cucinavano con dei fornelli a gas. Ma io, non avendo soldi, non potevo fare come la maggior parte dei carcerati. Era passato solo un giorno e mi sento chiamare dalla guardia di preparare le mie cose. Ero quasi felice perche pensavo che mi portavano in Svizzera. Invece mi hanno comunicato che sarei stato trasferito alla sezione tre, cioè il reparto di massima sicurezza. In quel'istante ho visto le facce di chi era vicino e ha sentito quello che aveva detto la guardia. Erano tutti sorpresi, mi dicevano che era il posto dove erano incarcerati dei boss della mafia, assassini, membri delle BR ….ect. Poi c'era chi diceva che li si stava meglio, come se in un carcere ci potesse essere un posto più bello di un altro. Tremavo dalla testa ai piedi, non so nemmeno come ho fatto ad arrivare al terzo piano. Poi ecco che mi hanno condotto davanti alla mia nuova cella. Dentro c'era solo una persona e due letti. Ho fatto subito conoscenza con gli altri, anche perche quando arriva uno nuovo tutti sono curiosi. Nelle celle c'erano dei mobiletti, tipo comodini da camera da letto, ai quali veniva fatto un buco nel asse sotto, poi al'interno veniva rivestito di carta allu da cucina tante volte si montava il fornellino a gas ed ecco il forno. C'era gente, mi ricordo di uno in particolare che doveva scontare 27 anni per omicidio, che faceva torte, focacce e tutto quello che gli veniva in mente. Un giorno era arrivato con un pezzo di pizza e mi ha chiesto di assaggiarla. Era buonissima. Aveva fatto una piastra mescolando sale grosso e succo di limone che poi aveva cotto in una padella per non so quanto tempo. Alla fine questa miscela e diventata durissima, sembrava fatta di cemento. Quando faceva le pizze faceva scaldare questa piastra con il fornellino e allo stesso tempo scaldava anche il forno. Poi quando il tutto era pronto metteva la pizza sulla piastra e infilava il tutto nel mobiletto forno. Ma non era tutto, coltivavano il basilico e i pomodori nei fondi di caffè, costruivano dei coltellini con le lamette da barba infilandole nel manico dei spazzolini da denti, le grattugie per il formaggio erano delle scatolette di tonno vuote e bucate dall'interno verso l'esterno in questo modo la lamiera che veniva spinta bucandola era una vera e propria grattugia. Questa era la parte , per cosi dire, divertente. Mentre ero in carcere almeno quattro persone si avevano tolto la vita, e di questo non c'era traccia sui telegiornali. C'erano persone che protestavano facendo il sciopero della fame fino al punto di farsi morire. Pur essendo in una parte dove " si stava meglio", le condizioni erano pessime. Eravamo senza acqua, dentro la temperatura arrivava anche sopra i 40° gradi, l'assistenza medica consisteva solo nelle pastiglie di buscofen e pastiglie per dormire, che non erano altro che dei psicofarmaci.

Era veramente dura li dentro, tanto che ogni volta che ci penso sento le stesse sensazioni che avevo li dentro.

Era già mattino presto e la Susy stava ancora dormendo, forse per le emozioni della sera prima. Cosa sarebbe scomparso nei prossimi giorni?, mi chiedevo, le costruzioni, gli oggetti, le automobili, forse tutto quello che era stato inventato e costruito dal uomo. Mentre preparavo il caffè sentivo Susy che stava per alzarsi. Abbiamo passato la mattinata cercando di indovinare cosa sarebbe successo veramente nei prossimi giorni. Susy ebbe un idea veramente straordinaria quella mattina. Quella di mettere delle fotocopie della stella a cinque punte in tutti gli edifici che volevamo salvare, visto che aveva il potere di far funzionare le cose, perche non avrebbe potuto anche salvarle dalla distruzione. Cosi prendemmo le nostre fotocopie e cominciammo a fare una lista di cose da salvare. La maggior parte erano dei supermercati, farmacie….. tutto quello che per noi significava sopravivenza. Passammo dei giorni in cerca di posti da salvare.

Erano passati 20 giorni e ce ne rimanevano altri 10 per preparaci. Nel frattempo avevamo fatto anche delle scorte di cibo e di semenze di ogni genere, caso mai il nostro piano non funzionasse. Eravamo cosi presi che non c'eravamo accorti che alcuni edifici erano quasi del tutto scomparsi, non c'erano rovine ma tutto diventava polvere che poi spariva assorbita nel terreno. La nostra casa era ancora intera e non dava segni di cedimento e per questo eravamo convinti che anche gli edifici con la stella sarebbero rimasti in piedi. Quando oramai mancavano solo sette giorni al termine dei trenta, decidemmo di fare un controllo. Era una delusione enorme per noi vedere che il nostro piano era un fallimento. Ogni cosa si stava sgretolando, anche gli edifici che volevamo salvare. " Ma allora perche casa nostra è ancora in piedi?", domandai ad alta voce me stesso. Susy, come se sapesse qualcosa, mi disse, " dobbiamo tornare a casa e guardare nel libro bianco". " Perche?", domandai, "Speri che ci sia qualcosa di scritto che ci dia una mano per fermare tutto questo?, Oramai è troppo tardi". Susy si era già incamminata verso casa con passo veloce ed io la segui. Andando verso casa sentivo l'aria che diventava sempre più fredda e in lontananza vedevo delle nuvole scurissime. Stava arrivando un temporale. Una volta a casa Susy mi disse di controllare se le cose funzionavano ancora: le luci, l'acqua e i vari macchinari. Era tutto come prima. Susy prese il libro e con un sorriso, di qualcuno che già sapeva, lesse la frase: " la pace sarà grande se le proporzioni sono giuste e la volontà sincera". " Cerca delle stanghe di ferro abbastanza lunghe e mettile fuori al centro del giardino", disse Susy mentre prendeva una fotocopia della stella e un compasso. Guardai il libro per vedere la frase, ma era già scomparsa. Usci fuori e presi tutte le stanghe di ferro che avevo, fortuna che ogni tanto mi capitava di fare qualche ringhiera per qualche cliente e avevo sempre del materiale a portata di mano. " Prendi anche la saldatrice", mi grido Susy. Susy voleva fare una stella più grande ma non capivo il senso del compasso. Ma poi mi era diventato tutto chiaro. Susy prendeva la misura, dalla fotocopia, con il compasso riportandola sul ferro, però moltiplicandola per dieci. Lei misurava ed io tagliavo i pezzi segnandoli, era un vero lavoro di squadra. Questo riportare dal piccolo al grande mi fecce venire in mente dei pensieri nuovi per me. Pensavo a come l'umanità negli ultimi decenni aveva soltanto pensato a se stessi, e come pochi condividevano il bene con gli altri. Quasi nessuno riportava dal proprio piccolo al grande che c'era fuori. L'importanza di condividere era scomparsa da tempo. Ci si sentiva in pace dando delle cose in beneficenza, versando dei soldi alle varie associazioni che si occupavano dei più sfortunati e andando in chiesa la Domenica per farsi vedere. Tutto veniva fatto con automatismo degno di una macchina. Forse bastava solo portare il proprio se stesso, condividere il vero umano dentro di noi con il resto del'umanità. Possiamo avere un credo diverso, una nazionalità diversa, educazione diversa, colore della pelle diversa ma siamo tutti Umani, e dentro ogni uno di noi c'è, anche se piccola, una fiammella che ci rende tutti uguali anche se a volte è difficile accettarlo.

È la luce splende nelle tenebre più profonde, e le tenebre non l'hanno accettata.

"prologo di San Giovanni"

Il nostro lavoro procedeva bene, ma nel frattempo anche quelle nuvole scure si stavano avvicinando. Si sentiva aria di tempesta. Dopo ore di lavoro avevamo una stella enorme, la sua diagonale misurava intorno ai 15 metri. Eravamo tutte e due in piedi a guardarla soddisfatti del nostro lavoro ma avevamo una sensazione come se mancasse qualcosa di importante. Intorno c'era un silenzio che si poteva tagliare con il coltello, l'aria era densa e umida. Speravo tanto in un segno di conferma che il nostro lavoro fosse giusto, ma forse era chiedere troppo. "Manca Qualcosa", disse Susy, "Si sembra anche a me ", dissi. " Ma cosa?". Susy corse dentro casa e torno con il medaglione in mano, "mancano i lati che vengono messi da punta a punta in modo da formare un pentagono, vedi?". "Ma come mai sulle fotocopie non erano venute ?", chiesi sorpreso. "Forse perche il medaglione è un po' obliquo e la fotocopiatrice non è riuscita a captarli". Susy era cambiata da quando tutto era iniziato, ogni giorno diventava sempre più ricettiva e intuitiva. A volte mi spaventava, ma per fortuna c'era. In poco tempo tagliai del'altro ferro per i lati e cominciai a saldare. Mentre saldavo non vedevo niente intorno a me perche avevo la maschera, ma una volta finito tolsi la maschera e mi ci vollero un paio di secondi per realizzare quello che era successo. Tutto intorno a noi si era formata come una bolla di sapone, vedevo chiaramente la differenza di luce che c'era al di fuori di essa. Aveva un diametro molto grande, sicuramente oltre i cento metri. Era come un muro invisibile che impediva alle nuvole di passare. Erano poi solo delle nuvole, mi dissi, un temporale non era poi cosi nocivo. Ma mi sbagliavo. Con il passare dei giorni ci accorgemmo che non erano nuvole normali. Al di fuori del muro sembrava che anche le piante soffrivano. Avevamo fatto una piccola esplorazione l'ultimo giorno dei trenta che erano nel libro. Fuori dal muro invisibile faceva molto freddo, la luce filtrava ma non scaldava. C'erano pochissimi animali in giro e quelli che si facevano vedere sembravano malati. Il mondo fuori cambiava in fretta. Un po' giù di morale andammo a dormire senza cenare sperando che il giorno dopo qualcosa cambiasse.

Quella notte ho sognato tutti i nostri parenti e amici. Solo che non era un sogno normale.

"Era un sogno di quelli che sembrano veri. Sembrava il mondo di prima, c'erano le case,la gente, gli animali, tutto era come prima. L'unica cosa era che non mi vedevano, anche se io potevo sentire la loro voce. Ero andato verso dove era casa nostra e li ebbi la sorpresa più grande. C'era Susy, che sentendo i miei passi si voltò e mi chiese, " anche tu stai sognando, vero?". " Credo di si", risposi.

Un attimo dopo eravamo nel nostro letto svegli con mille domande che ci frullavano nella testa. " Dove eravamo? Cosa era successo? Era una cosa reale o no?"

Ci aspettavamo di tutto oramai in un mondo dove tutto era possibile. Stavamo bevendo il primo caffè guardando fuori dalla finestra in cerca di un cambiamento, ma l'unico cambiamento era che il cielo, al di fuori del muro, era ancora più scuro e minaccioso. Alcune delle nuvole erano così basse che sembravano dei spettri. Susy era andata a preparare un altro caffè ed io sfogliavo il libro bianco, e poi vidi la frase comporsi:

"In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini la luce splende nelle tenebre , ma le tenebre non l'hanno accolta."

Era una parte del prologo di San Giovanni. Un testo sul quale ci avevo riflettuto tempo fa. Spesso invece del "Verbo" viene usata "Parola". La Parola che crea. Anche gli uomini hanno quel potere, di creare con le parole, solo che il potere delle parole è stato dimenticato. Forse per questo il mondo stava cambiando, forse perche troppe parole erano state dette senza pensare a quello che avrebbero provocato. Quelle nubi scure potevano essere l'accumulo di tutte le parole dette in vano sotto forma di energia. Forse con il tempo questa energia scura aveva rotto l'equilibrio tra il bene ed il male che è cresciuto sempre de più. La frase era scomparsa e come risposta apparve: " la verità è sulla bocca di tutti ". Questa frase era diventata come un Si per noi, oramai significava che i nostri ragionamenti erano giusti. Chiamai Susy e le raccontai tutto. Lei mi ascoltava e annuiva, come se per lei tutto fosse una conferma. I trenta giorni erano passati, oggi era il primo giorno di quello che in futuro avremmo chiamato " Il Nuovo Mondo".